Lunedì 18 settembre, dopo la Santa Messa d’inaugurazione dell’anno accademico per le facoltà teologiche torinesi (diocesane e salesiana) presieduta dall’Arcivescovo Nosiglia, la professoressa Chiara Giaccardi ha tenuto l’annuale prolusione. Il tema corrispondeva al titolo del recente volume pubblicato insieme al marito, il prof. Mauro Magatti: Nella fine è l’inizio (il Mulino, Bologna 2020).
Chiara Giaccardi, che insegna Sociologia e Antropologia dei Media all’Università Cattolica di Milano, ha insistito sull’idea che dalla catastrofe e dalla morte causate dalla pandemia da Covid-19 si può uscire per dare vita a un mondo rinnovato, a un avvenire inedito. E l’ha fatto tracciando cinque vie possibili per realizzare questo rinnovamento. «La prima via è quella della resilienza – ha spiegato –. Abbiamo imparato a vivere meglio, a trasformare morte in vita. Bisogna continuare così». La seconda è la via della interdipendenza: «Non siamo mai né completamente dipendenti, né indipendenti. Ognuno ha un contributo unico da portare».
La “responsività” costituisce la terza via, che consiste nel rispondere non di se stessi, ma del legame che unisce gli uni agli altri: «Siamo capaci di inventare nuovi modi di stare uniti, l’abbiamo sperimentato – ha sottolineato Giaccardi –. La responsività ci aiuta a istituire forme nuove del vivere». C’è poi la quarta via, quella della cura, del vedere ciò che è invisibile, del soffermarsi sulle persone, del prestare attenzione. «Le università e le facoltà devono essere cantieri in cui si impara a prendersi cura del sapere, degli altri… a far crescere in umanità».
Infine, la quinta via, la via della “pro-tensione”, consiste nello sguardo rivolto al futuro: «È un protendersi, è scommettere sulla vita e impegnarsi in essa, consapevoli che questo comporta anche rischiare, correre dei rischi».
(Si ringrazia Giuliana Stocco)